FERENTO
Le rovine della città romana di Ferento sorgono sulla collina di Pianicara, a circa 7 Km da Viterbo lungo la strada Teverina in direzione di Celleno. La città è attraversata dalla via Publica Ferentiensis che dalla via Cassia, all’altezza delle terme del Bacucco, si dirigeva verso Falerii Novi, altro importante centro romano del periodo tardo repubblicano. Poco più a sud di suddetta via (Decumanus maximus), sorgono i resti del teatro e delle terme. Del teatro, costruito durante il regno di Augusto e trasformato restaurato durante il periodo severiano, si conservano notevoli avanzi della scena, di cui rimane il pulpito e il piano inferiore della frons scaenae con basamento in opus reticulatum e l’elevato in laterizio, ora spogli quasi completamente dei rivestimenti marmorei, mentre della cavea sussistono ancora tutte le arcate esterne in grossi blocchi di peperino. Adiacenti al teatro sono le terme, grandioso edificio in laterizio con specchi in opera reticolata: ne è ricostruibile la pianta e sono riconoscibili per la maggior parte gli ambienti tipici, di cui restano ruderi imponenti e vari pavimenti a mosaico con disegni geometrici in bianco e nero e tracce dei rivestimenti marmorei e degli intonaci. La restante parte della città non è stata ancora esplorata, salvo in alcune zone, dove l’Università della Tuscia da diversi anni vi sta conducendo delle campagne di scavo. Poche notizie si hanno della storia di Ferento durante il periodo imperiale con la fine del quale venne quasi del tutto abbandonato: i sepolcreti barbarici scoperti fra le rovine delle terme dimostrano che la città era ridotta, come molti altri centri, ad un piccolo nucleo abitato. Sopravvisse tuttavia come modesto centro fino al 1172, anno in cui fu conquistato e raso al suolo dai Viterbesi.
TEATRO ROMANO DI FERENTO
STORIA DEGLI SCAVI
La scopetta di Perento è legata al nome di Luigi Rossi Danielli. archeologo viterbese e cultore di antichità che, con la “Società Archeologica Pro-Ferento”,costituitasi nel 1906, condusse ricerche e scavi sul colle di Pianicara agli inizi del Novecento, effettuando lo sterro di gran par¬te del teatro e mettendo in luce il vicino impianto termale. Tra il 1925 e il 1928. fu completata da parte dell’alierà Soprintendenza alle Antichità di Roma, la messa in luce del teatro e l’inizio dell’opera di restauro. Altri interventi di scavo interessarono la zona nord e a ovest del teatro con la ripulitura di un tratto del decumano e di altre strutture medievali. Verso la fine degli anni ’50 del secolo scorso, furono effettuati altri interventi di scavo da parte della Soprintendenza Archelogica per l’Etruria Meridionale, con l’apertura di una trincea che scoprì l’intero tratto occidentale del decumano e mise in luce larga parte di una domus tardorepubblicana ad ovest del teatro. Attualmente l’intera area archeologica è oggetto di scavi e ricerche da parte del Dipartimento di Scienze del Mondo Antico della Facoltà di Conservazione di Beni Culturali dell’Università della Tuscia che da molti anni svolge la propria attività sul sito.
NOTIZIE STORICHE
A circa 8 chilometri a nord-est di Viterbo, su una lingua tufacea di forma allungata in direzione est-ovest ed estesa una trentina di ettari, sorgono le rovine della città romana di Perento che si affacciano in modo spettacolare sui torrenti Vezzarella e Acquarossa. La città, attraversata dalla Via Publica Ferentiensis, un’arteria trasversale che collegava la via Cassia con la valle del Tevere e che, passando per Perento, ne costituiva il decumanus maximus, nacque a seguito dell’abbandono dell’abitato etrusco di Acquarossa posto più a sud, ed assunse notevole importanza specialmente durante il periodo imperiale. Infatti, secondo le testimonianze di Tacito e Vitruvio, la città divenne Municipium e fu ascritto alla tribù Stellatina, ma soltanto in età Giulio-Claudia raggiunse il massimo splendore con l’edificazione di sontuosi edifici pubblici tra cui il teatro, le terme e il foro che, grazie alla generosità di due privati cittadini, Sesto Ortensie e Sesto Ortensie Claro, venne com-pletamente riqualificato. Anche il decumano venne dotato di un largo portico colonnato sul quale si affacciava un grande isolato destinato ad attività commerciali. Perento, fregiata del titolo di Civitas Splendidissima, come ricorda un’iscrizione del II sec. d.C. rinvenuta nelle vicinanze, è anche famosa per aver dato i natali all’Imperatore Marco Salvio Olone che regnò nel corso del 69 d.C. nonché a Flavia Domitilla, moglie dell’Imperatore Vespasiano dalla cui unione nacquero Flavia Domitilla Minore, il grande Tito e Domiziano, entrambi Imperatori di Roma. Dal III sec. d.C., le notizie su Perento si fanno più incerte, tuttavia sembra che in quel periodo, in città si praticava il culto per Sant’Eutizio Martire, morto nei pressi di Soriano nel Cimino durante le persecuzioni messe in atto dall’imperatore Aureliano. Dopo le invasioni barbariche, divenne sede di diocesi almeno dal VI – VII secolo e centro egemone di una vasta area fino alla grave crisi della guerra tra Goti e Bizantini, mentre durante il successivo conflitto fra Longobardi e Bizantini, ebbe un ruolo di rilievo come centro fortificato lungo la linea geografica che segnerà poi il confine tra i due territori. Da questo momento in poi, per la città inizierà inesorabilmente un lento e triste declino accompagnato anche da un calo demografico che provocherà uno spostamento della popolazione nella zona più a ovest dell’antica città entro un’area circoscritta di circa 3 ettari. Anche la sede vescovile venne spostata da Perento a Bomarzo che si trovava in una posizione più favorevole per il controllo della valle del Tevere.
Nel corso dei secoli XI e XII, secondo alcuni documenti, Perento sembra che si fosse organizzata in un’autonomia comunale con l’abitato che lentamente si era ripopolato allargandosi ad est del teatro dentro una nuova cinta muraria che delimitava un’area di circa 7 ettari. Ma il declino e la definitiva distruzione della città di Perento avverrà nel 1172 ad opera dei Viterbesi, cercando con tutti i mezzi di renderne impossibile la rinascita. Tale fatto sembra essere scaturito da continue rivalità tra i due centri sul controllo del territorio, culminati poi da un episodio del 1169 secondo il quale sembrerebbe che i Ferentani chiesero a Viterbo un aiuto per la lotta contro la città di Nepi e, mentre l’esercito viterbese attendeva gli alleati sui monti Cimini, i Ferentani, giunti davanti alle mura di Viterbo, si fecero aprire la Porta Sonsa, mettendo a sacco la città. A seguito della distruzione di Perento, i Viterbesi trasferirono i pochi abitanti superstiti presso la zona di San Faustino e per meglio evidenziare l’annientamento della città rivale, aggiunsero al Icone di Viterbo, anche la palma, simbolo di Perento, dando così origine allo stemma comunale viterbese che è ancora oggi così rappresentato.